Diegof12 Posted April 6 Share Posted April 6 Salve a tutti! Oggi il tempo è grigio qui nelle marche e mi prendo una domenica di riposo dal garage, oggi non faccio girare le chiavi inglesi, ma il mouse… Avevo in mano i libri di Giorgio Bettinelli e dopo un po’ di indecisione iniziale dei mesi scorsi, mi hanno dato la carica necessaria per la decisione affermativa. Ora vi presento il viaggetto che sto prevedendo per questa estate, ovvero i balcani in Vespa. Il tipo di viaggio sarà come sempre per me low cost più possibile, quindi dormire in tenda, cosa che tra l’altro amo, e in zone meno turistiche possibile. Il percorso prevede un breve itinerario tra Ancona e Cesenatico, dove un traghetto mi porterà nella Croazia del nord, e da li subito in Slovenia, per addentrarmi nelle catene montuose, di nuovo nell’interno croato, per poi proseguire a sud verso Bosnia Erzegovina, e infine Montenegro, dove un altro traghetto mi farà approdare a Bari, e da lì risalire per Vieste e Pescara. Sono anche molto entusiasta all’idea perché finalmente dopo circa un anno di problemi sono riuscito a risolvere il fatto che il mio motore non riuscisse a superare la soglia dei 7000 giri murando di netto, e dopo 1 milione di prove e indagini bhe… mi ero dimenticato un filo di massa tra bobina Sip e motore (quando la soluzione è troppo vicina agli occhi, non la riusciamo a mettere a fuoco). Questo mi ha permesso anche di sentire una stabilizzazione della carburazione e un’affinamento della stessa, con la speranza di abbattere i consumi e attestarmi almeno sui 25km/l. Estote parati! 6 Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Diegof12 Posted August 14 Author Share Posted August 14 Buona Sera Vespisti! Dunque dunque sono in viaggio, ma per sta volta non credo si riuscire a fare un diario di bordo come quello dell’anno scorso… Questo viaggio è cambiato rispetto alle premesse, innanzitutto non sono da solo, ma sono in compagnia di un mio amico super vespista e motociclista, quindi viene da se che di sera si chiacchiera e si sbevazza quindi non è possibile per me tenere un diario dettagliato come la volta scorsa, però sto appuntando tutto e magari scriverò successivamente… Avevo preventivato di scendere dalla Slovenia ma ho scoperto che non sarebbe stato possibile visto che i traghetti che possono trasportare veicoli al massimo ti possono portare fino a Spalato, in Croazia. Così abbiamo deciso di fare un giro che vada più nell’entroterra, passando per Sarajevo (Bosnia Erzegovina), Belgrado (Serbia), Sofia (Bulgaria), poi a scendere fino in Macedonia e Albania. Vi scrivo ora dalla Serbia, in una fresca notte di relax, dove ci siamo permessi il lusso di cucinare qualcosa di caldo, visto che oggi siamo stati bravi e abbiamo pedalato forte! Ci sarebbero tantissime cose da raccontare ma per ora mi limito a un “fin qui tutto bene” 7 Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
McKenzie Posted August 15 Share Posted August 15 Ocio all'assicurazione in Albania Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Diegof12 Posted August 19 Author Share Posted August 19 Rieccomi Vespisti! Bhe che dire… difficile riassumere in poche parole tutte le sensazioni che si provano attraversando queste terre che hanno conosciuto la guerra in un periodo recentissimo, sembra di essere tornati all’italia degli anni 50, si passa per paesini fantasma in totale abbandono, scheletri di case lasciate in sospeso, si vive la contrapposizione del popolo estremamente gentile e semplice, ma quasi sulla soglia della povertà. Qui si vive veramente con poco, ma sono tutti sorridenti, e forse loro la sanno più lunga di noi. Abbiamo attraversato la Bulgaria e la Macedonia e mi rimane nel cuore un contadino seduto di fronte alla rovina di quella che dovrebbe essere la sua casa, con parcheggiato il suo Pajero ormai seduto su quattro mattoni e contornato da erbaccia alta fino agli specchietti, che si avvicina a noi sorridendo e ci fa capire a gesti di non proseguire oltre per quella via perché sarebbe stato impossibile per le nostre piccole gomme affrontare quella mulattiera. Mi rimane impressa anche la periferia di Skopje in Macedonia, che mi ha fatto battere il cuore si, ma dalla paura e dall’ansia che si respira ad ogni angolo, qui un ragazzo di 16 anni circa ci ha avvisato, la criminalità la fa da padrone, e si legge nel volto scurrile e sfidante della gente che incontriamo. La povertà lascia il posto alla violenza e al degrado, qui la contrapposizione tra la baracca che cade a pezzi e la villa che si erge subito a fianco contornata da mura e inferriate anti intruso ti fa capire che non è un popolo unito. Ora scrivo da un campeggio in Albania, tutta un’altra storia. Puoi anche lasciare il portafoglio sopra la sella della vespa, che tanto quando torni ritrovi tutto li dove lo avevi lasciato. Non un viaggio morbido fin qui. Ma un viaggio sentito. Ora vado a fare il turista medio. 8 Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Diegof12 Posted August 21 Author Share Posted August 21 Giorno 8 Ci svegliamo a Skopje, capitale della Macedonia. Sento ancora le turbolenze interiori di ieri, che una bella serata all’antico bazar centrale non è riuscita a farmi passare. Questo paese è estremamente turbolento e violento, ce ne siamo accorti ieri, appena varcato il confine con la Bulgaria, in un distributore. Due ragazzini di circa 16 anni erano arrivati in sella a uno scooter senza casco e si erano seduti vicino a noi, uno dei due ci ha chiesto da dove venissimo e informazioni sulle vespe. Alla nostra risposta “Italia” si sono messi le mani sui capelli, e subito uno dei due, che conosceva abbastanza bene l’inglese, ci ha esclamato “che cosa ci fate qui in Macedonia? Qui c’è povertà e violenza, soprattutto tra i giovani (fa roteare l’indice vicino alla tempia), il costo della vita è come l’Italia ma il salario medio è di 400€ al mese, non c’è nulla da vedere”. Un’analisi puntualissima e vivida negli occhi azzurri di quello che avevo ragione di credere fosse un secchione a scuola, ma che la crudeltà della strada lo aveva strappato a un futuro ben più roseo di quello che gli si prospettava davanti. Un loro amico, un ragazzone alto e massiccio, era arrivato a bordo di una scassatissima Passat, e aveva rubato loro una sigaretta, senza neanche chiedere. Non mi sentivo per nulla al sicuro, così abbiamo tagliato la corda appena possibile. Nella periferia di Skopje la gente ci teneva d’occhio, due bambini mendicanti, al semaforo, avevano notato i nostri strani mezzi e per un attimo avevo pensato ci strappassero di dosso il marsupio o il cellulare, invece per fortuna volevano solo dare gas, e li avevamo accontentati, facendo loro ruotare la manopola fino in fondo, causando dei sonori fuori giri. Santo sia il getto del massimo. Con queste premesse decidiamo di tagliare la corda immediatamente e oltrepassare la dogana il prima possibile. Il mio amico Alessandro ha un traghetto da prendere oggi pomeriggio e deve macinare 260km. Scorriamo via lisci, se così si può dire sulle disastrose strade balcaniche, per gran parte del tragitto e via via che ci avviciniamo all’Albania il degrado si affievolisce e iniziamo a passare finalmente inosservati. Ad un rifornimento, l’ultimo insieme, un operaio sceso da un furgone si mette in testa il casco di Alessandro e indica i suoi vestiti tecnici. Il capo del tizio lo rimprovera subito e capisco che gli intima di lasciare in pace i turisti, chiedendoci subito scusa. Tiriamo un sospiro di sollievo. Poco più avanti ci salutiamo con gli interfoni in una rotatoria. Sono così da solo ora, o meglio, in compagnia di me stesso. Punto a sud e oltrepasso la dogana che mi costa un’ora buona. La destinazione è il lago di Ohrida, ma ci arrivo fin troppo presto, così decido di circumvesparlo per metà, e fermarmi a dormire in un campeggio che sembra essere un piccolo paradiso. Così è, e ne godo, rilassandomi con una korça fresca, una birra locale. La differenza tra macedoni e albanesi mi è subito lampante. Trovo per le strade persone sorridenti e rilassate, la vita qui è lenta e dolce. Un signore mi aiuta in un piccolo negozio facendomi da traduttore con l’anziano gestore e mi racconta che anche lui aveva una Vespa quando viveva in Italia. Si fa sera e mi godo una rilassante passeggiata lungo lago, dove incrocio perfino un cavallo. La cena la consumo al paesino di fianco, nel corso principale, che in estate chiude al traffico e diventa teatro di una allegra e rilassata movida. Mi addormento rilassato, si prospetta una notte in paradiso. 9 Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Il_Barone Posted August 21 Share Posted August 21 Tutto molto bello ma figa ne hai presa? 1 1 Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Diegof12 Posted August 22 Author Share Posted August 22 8 ore fa, Il_Barone ha scritto: Tutto molto bello ma figa ne hai presa? Quanto sei scurrile 🤣🤣🤣 1 Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Diegof12 Posted August 22 Author Share Posted August 22 Giorno 9 Mi sveglio riposato e rilassato, e faccio un’abbondante colazione al bar del camping. Trovo leggera difficoltà nello scegliere il percorso visto che google maps mi indica una strada, ma osmand maps (un’app di navigazione offline) me ne indica un’altra. Mi schiarisco le idee chiedendo al proprietario del campeggio. Si può fare ma sono circa 100km di mulattiera. Meglio stare lontano dai guai. Il percorso alternativo è una bella scoperta, sono 150km di curve e asfalto curato in mezzo a paesaggi che dire mozzafiato è poco. A metà strada mi fermo in un diroccato bar per uno spuntino. La barista non parla inglese e viene in mio aiuto un ragazzo seduto a un tavolo che mi fa da traduttore. Mi propongono bistecche e costati di maiale, patatine fritte e salse. Mi accontento di un’insalata. Giungo a Permet senza sforzo e con la soddisfazione di chi, a culo, ne ha fatta una giusta. Piazzo la tenda a bordo fiume e mi rilasso chiacchierando con il proprietario del posto, che si presenta con l’italianizzato nome Daniele. La chiacchierata è molto diretta e inizia con un “qui sei al sicuro”. -In che senso? -nessuno nel mio territorio ti può fare del male, se uno ti ammazza qui, io poi devo di conseguenza ammazzarlo, perché se non mi vendico sono disonorato, e non posso più neanche camminare a testa alta in paese. È una legge non scritta albanese che c’è da 600 anni. Però tu stai tranquillo perché sei turista e in tutta l’Albania sarai il benvenuto, soprattutto essendo italiano. Siamo fratelli! -Ok, meno male! Di sera vado a fare una passeggiata in paese, e, nella buissima stradina, centro un cratere in pieno che mi fa completamente perdere l’idraulica dell’ammortizzatore posteriore. Quella anteriore, per la precisione, è già andata da giorni. Di qui in poi sarà un viaggio alla Adriano Celentano: molleggiato. La notte è nuovamente un paradiso, qui tra le montagne, non si riescono a contare tutte le stelle. 6 Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Diegof12 Posted August 22 Author Share Posted August 22 Giorno 10 Mi svegliano dei passi felpati e leggeri sul mio petto, un gattino si è intrufolato nell’interstizio tra i due strati della tenda e mi è saltato sopra, resto immobile perché se lo spavento potrebbe strappare il telo con le unghie. Sono le 5.30. Apro la zip ed entriamo in confidenza. Mi rilasso accarezzando il suo morbido manto e vedo che anche a lui piace. Preparo le borse per avvantaggiarmi e mi vesto per l’appuntamento con le terme di Permet, a due minuti dal camping, dove passo una piacevole oretta in compagnia di qualche avventuriero senza sonno come me. Noto che dei muratori stanno preparando un enorme parcheggio atto ad accogliere una valanga di turisti. Sono sicuro però che queste piccole terme non riusciranno mai ad accogliere un tale afflusso. Appena vedo arrivare orde di famiglie, alzo i tacchi e mi dirigo alla base dove sistemo con cura i bagagli sul PX. Trovo il bar ormai operativo e mi delizio con una colazione a base di cappuccino e biscotti. Proseguo la mia pet therapy in compagnia di una capretta che scorrazza tra i tavoli e un altro gattino che si sta rilassando su un cuscino. Parto alla volta di Ksamil, nell’estremo sud, che un tale google dice sia “i Caraibi dell’Albania”. Non posso fare altro che fidarmi e sarà la mia meta della serata, con intermedio passaggio all’occhio blu, che dovrebbe essere un laghetto dall’acqua cristallina, cosa che io non saprò mai con certezza, visto che tiro dritto una volta accortomi della saturazione del relativo parcheggio. Oggi fa un caldo bestiale e mi fermo a ristorarmi e a riposare in un ristorante a conduzione familiare. Siamo in una gola in mezzo a due monti e un lato di essa fino a pochi giorni fa è stato teatro di un devastante incendio, e se ne vedono i resti. Solo una provvidenziale pioggia era riuscita a domarlo, l’altro ieri per l’esattezza. Essere privo di internet, ora che sono all’estero senza un adeguato piano tariffario, mi da modo di soffermarmi sui dettagli intorno a me, e annoto sul mio taccuino una gran quantità di cose. Una famiglia di italiani si siede a un tavolo e fa mille domande al cameriere, che rompicoglioni gastronomici che siamo. Con loro c’è un bambino di 3 anni circa che viene immediatamente anestetizzato con un telefono, arrogantemente a tutto volume. Non ho mai visto eseguire questa pratica dalle famiglie estere, e penso che ci vorrebbe una sorta di patente di natalità, perché non tutti avrebbero diritto di mettere al mondo creature, per quanto mi riguarda. In breve tempo tutti i membri della famiglia si piazzano davanti al proprio smartphone, perdendosi così dei meravigliosi dettagli del luogo, come le tegole della tettoia fatte a mano o il mezzo sorriso giocondo della nonna albanese che sta cucinando da non si sa quante ore. Quattro spagnole obese al tavolo a fianco chiedono quanto sia il quantitativo di 1kg di carne a testa, e ordinano della coca cola zero, perché sono a dieta. La strada alla volta di Saranda è una lingua di asfalto nuovissimo costeggiato da un fiume artificiale con gli argini di cemento, che guida una limpidissima corrente. Alle porte della città trovo una grossa baraccopoli e gente che rovista nella spazzatura. Non una bella presentazione. Arrivo a Ksamil. Credo che non mi fiderò più tanto di google. C’è un caos infernale, quelli che si dichiarano campeggi sono in realtà parcheggi di cemento tra rottami di ferro e mattoni, completamente a sole, e mi accorgerò più tardi delle conseguenze quando in tenda mi sentirò come in una padella, con il pavimento ad arroventarmi il culo. L’acqua del porticciolo è limpidissima e invitante ma non riesco a goderne, quello che mi circonda mi disgusta. Di nuovo osservo lo sfruttamento della natura al servizio dell’economia. Su queste caraibiche acque volano motoscafi e moto d’acqua, con a bordo, a turni, gruppi di turisti pronti ad immortalare la loro esperienza. Una ragazza si mette in posa in un locale alla moda, si sistema la chioma, la sua amica scatta una foto. Dietro quest’ultima svetta una discarica che sono sicuro non comparirà sui social. L’ostentazione di se stessi vince anche per le strade, dove enormi macchine rombano per le vie del centro, avanti e indietro senza meta, non cercando parcheggio, ma attenzioni, con i loro scarichi diretti che fanno un gran frastuono. Mi distraggo con un tuffo e un paio di birre, ne approfitto per scrivere appunti, perfino il meraviglioso tramonto sul mare non riesce a strapparmi un sorriso. Torno in tenda e faccio due parole con i miei vicini, due signori italiani in camper. Condividiamo le nostre esperienze del viaggio e siamo concordi che qui a Ksamil, è tutto troppo brutto per essere Albania. Per cena decido di non regalare neanche un euro a questo schifo di posto e al supermercato acquisto dello schifoso pane, con dello schifoso formaggio e dello schifoso prosciutto cotto. Non è sempre domenica. 8 Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
DoubleG Posted August 22 Share Posted August 22 Non riesco a staccare gli occhi dai tuoi racconti, descrivi così bene i luoghi che mi sembra di essere lì con te! Sei davvero un grande, bravo, bravo e bravo ancora (e coraggioso). Viaggio fantastico. 2 Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
LukeD Posted August 22 Share Posted August 22 Concordo con @DoubleG, una bella narrazione! Prossima volta procurati una action cam per documentare l'human safari dei Vespisti 😁 2 Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Diegof12 Posted August 23 Author Share Posted August 23 Giorno 11 La “sveglia”, se così si può chiamare visto che non ho chiuso occhio, avviene intorno alle 5.00, è ancora buio. Mangio del plasticoso formaggio avanzatomi ieri sera con del gommoso pane. La colazione rispecchia il sentimento che ho per questa città, mi fa schifo. Getto tutto via e mi ristoro con una barretta energetica, che ho portato da casa “in case of emergency”. Man mano che si fa giorno noto che il cielo è grigio scuro come il mio umore. Mi sbrigo a chiudere tutto prima che arrivi un’acquazzone, che per fortuna mi sorprende mentre sono a una stazione di servizio poco lontano. Decido di non muovere un passo perché il mio keeway non è più impermeabile, me ne sono accorto appena entrato in Macedonia, quando un grosso scroscio d’acqua ci ha accolti in mezzo alle desolate campagne. In quella occasione era venuto in mio soccorso il lenzuolo che porto sempre con me per qualsiasi evenienza, ma ora di mettermi a fare batman sulla batvespa, con il mantello svolazzante, non me ne va per niente. Studio l’evolversi della situazione in un fornitissimo bar dove trovo anche dell’energia elettrica per ricaricare la mia powerbank. Nel frattempo i turisti si stanno fiondando fuori dagli appartamenti incuranti del meteo, perché ormai loro la vacanza l’hanno pagata. Sono circondato da napoletani che parlano una lingua a me sconosciuta, quasi che riesco a comprendere meglio l’albanese, e si rivolgono in maniera strafottente alle bariste, fin troppo gentili dal canto loro. Verso le 10 il meteo migliora e mi metto alla ricerca di un nuovo keeway, in una affollatissima Saranda. L’incredibile traffico mi spazientisce, zigzago tra le auto in coda e a tratti passo anche sopra al marciapiede, prendendo spunto da altri motociclisti. L’umidità è alle stelle e mi spazientisco, sto sudando come un animale dentro il mio giubbotto protettivo, la mezz’ora di sonno all’attivo si fa sentire tutta negli occhi, che bruciano sotto un offuscato sole. Con mio rammarico, dopo aver interpellato diversi negozianti, scopro che qui i giubbetti anti pioggia non li hanno ancora inventati. Così mi rassegno e decido che tra il traffico e la pioggia, preferisco quest’ultima. Cerco di scappare dal groviglio cittadino ma anche sulla via esterna alla città, dei personaggi strafottenti hanno parcheggiato le loro “mercedési” in mezzo alla strada, così stento a superare i 20km orari come velocità di punta. La priorità è arrivare all’appartamento che ho prenotato per la notte a venire, e di fretta anche, quindi non mi fermo per fare nessuna foto, sebbene i paesaggi meriterebbero una ben più profonda attenzione. A metà dei 130km previsti mi fermo per una breve sosta birra/toilette, e un italiano mi fa i complimenti per la Vespa. Mi riappacifico un po’ con il mondo. Sento delle gocce trasportate dal vento, la perturbazione viene dritta verso di me, quindi taglio la corda in fretta e furia, dato che devo dirigermi nella direzione contraria. Procedo dando tutto il gas che posso e ogni tanto mi volto a osservare il muro d’acqua che mi corre dietro. Non so se riuscirò a scamparla sta volta. In cima al passo Llogara c’è un incidente, e noto che un poliziotto getta nel dirupo una cartaccia. Una in più sulle mille già presenti nei cespugli. Non vedo l’ora di chiedere a qualcuno il motivo di tutto ciò. Nonostante la mia fuga a tutto gas le nuvole corrono più veloci di me, e soprattutto immagino che loro non debbano fare le curve. Mi fermo in un bar improvvisato dove posso mettere sotto una tettoia sia me stesso sia la Vespa. Dentro la mia mente corre una carrellata indicibile di bestemmie, tutto questo casino per un keeway che non keewaya più, ma è solo colpa mia in fondo perché tra quelli disponibili a casa, ho scelto proprio quello con circa 13 anni di vita. Ben mi sta. Resto qualche minuto a studiare la situazione, scoprendo che il mio riferimento del vento e del movimento delle nuvole è tarato male perché sono in una gola tra le montagne, quindi sento il vento correre verso nord, ma le nuvole spostarsi a est, forse forse riesco a scamparmela. Così è, e una mezz’oretta dopo sono alle porte di Valona, che mi accoglie con il suo skyline di palazzi che si affacciano sul mare, sembra vastissima dal mia punto di vista in cima a una collina, e mi mette un po’ a disagio. Per capire dove sia il mio alloggio mi gioco la carta del wifi al bar. Mentre il motore borbotta al minimo, due signori mi fanno un gesto di parcheggiare sopra al marciapiede proprio sull’atrio del locale, il primo che incontro alle porte della città, senza addentrarmi nel caos. Accolgo la loro richiesta e mi fanno sedere al loro tavolo. Il ragazzotto alla mia sinistra parla bene l’italiano e si presenta con un nome che per me sarà facile ricordare: Albano. Mi spiega che lui e il suo amico, alla mia destra, sono i fondatori del Vespa Club Valona. Che festa! Partono risate e giri di birre a non finire, e non riesco a pagarne neanche una. Mi danno due adesivi del loro club e mi fanno vedere, nel garage a fianco che scopro essere una rudimentale carrozzeria, i loro mezzi: un PX senza frecce verde militare opaco, un PX200 con sidecar artigianale, una Primavera e una 50 prima serie tirate a lucido. Torniamo seduti e ci scambiamo i numeri di telefono con la promessa di fare loro da cicerone al raduno mondiale a Roma in programma per l’anno prossimo. Mi offre connessione internet dal suo telefono così posso orientarmi per trovare l’alloggio, e approfitto della sua disponibilità per fare domande sulla cultura albanese. Mi spiega che sono musulmani ma alla maggior parte di loro non frega niente, mangiano maiale e bevono come spugne, la cosa che conta, dice, è essere brave persone. Noto anche le sue espressioni e esclamazioni quando alcuni ragazzi passano a tutta velocità con le loro auto in quella stretta via, “che stronzi” dice. Faccio domande sulla realtà economica del paese, che Albano dichiara essere fiorente al momento, al contrario di qualche decennio fa. Chiedo delucidazioni anche sulla famosa centenaria legge non scritta, ma la sua risposta in questo caso resta più generale, si limita a dirmi di stare tranquillo, che nessuno vuole fare del male a nessuno. Riguardo il tema immondizia, a suo avviso, è solo una questione di eccessivo turismo. Mi regala perfino una bottiglia di grappa fatta in casa. Dopo mille ringraziamenti parto alla ricerca della mia stanza, che trovo solo grazie al disturbo che reco a una signora intenta a stendere i panni. Qui, a mia discolpa, le indicazioni di vie e numeri civici sono molto approssimative. Anche l’accesso alla stanza non è per nulla semplice e viene in mio soccorso un ragazzo di 15 anni, figlio del gestore, che risolve tutti i miei problemi di prenotazione on line e procedure tecniche per aprire la porta con serratura a codice. Resto un’altra mezz’ora buona in sua compagnia, parlando inglese, che scopro essere migliore del mio. Mi chiede del viaggio e della Vespa, che lavoro faccio e come mi trovo in Albania. Dal mio lato sono interessato agli aspetti sociali visti dai suoi giovani occhi. La chiacchierata è molto interessante e conferma la mia idea di benessere generale. Mi appoggio nel monolocale e, quando esco per fumare una sigaretta, tre giovani avventuriere tedesche mi chiedono informazioni, le stesse che poco prima avevo speso un’ora a decifrare. Riesco quindi ad aiutarle e in breve tempo sono anche loro sistemate. La più spigliata delle tre mi spiega che due di loro devono imbarcarsi di li a un paio d’ore, direzione Bari, e mi dice che ci possiamo “cach later”. Vado quindi a fare spesa in centro città, e, al mio ritorno, la invito a mangiare un piatto di pasta, cucinato da me, che non so cucinare, beato sia l’inventore dei sughi pronti. Lei accetta di buon grado e passiamo una serata di chiacchiere e risate. Il suo inglese fluentissimo mi fa sentire un extraterrestre, così colgo l’occasione per fare pratica. Ci salutiamo poco dopo cena, non prima di averle sistemato la luce anabbagliante destra della sua A3, che mi spiega era stata sostituita (e montata male) da un meccanico della zona proprio durante il pomeriggio, e dispensato qualche consiglio tecnico visto che sta facendo un road trip in auto. Si sta bene davvero. 8 Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Turbo99 Posted August 23 Share Posted August 23 Vai Diegoooo!!!!!! ❤️❤️❤️ 1 1 Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
McKenzie Posted August 23 Share Posted August 23 11 ore fa, Turbo99 ha scritto: Vai Diegoooo!!!!!! ❤️❤️❤️ Non fare come turbo che la fagiana non gli piace 4 Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Ponzio Pelato Posted August 24 Share Posted August 24 @Diegof12Il numero della tedesca l'abbiamo portato a casa vero? 2 Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Diegof12 Posted August 25 Author Share Posted August 25 Giorno 12 Un caldo sole mi da il buongiorno mentre apro gli occhi su un comodo letto, con moltissima calma sistemo le mie cose e i vestiti che il giorno prima avevo lavato e messo ad asciugare nel terrazzo. Mi manca la musica da troppi giorni così sfrutto la connessione per far partire radio freccia dal telefonino. Pianifico il percorso e controllo il meteo, c’è una possibilità di pioggia nel pomeriggio proprio nelle zone dove dovrei transitare, ma sono fin troppo positivo per curarmene. Mi sento fortunato. Il giovane barista, con cui avevo intrapreso una piacevole conversazione il pomeriggio precedente, mi serve un cappuccino caldo. Lo saluto con tutta l’ammirazione che posso e mi muovo in direzione Tirana. La tratta di 170km consiste in gran parte in una statale con limite a 90, ritmo che riesco a sostenere senza sforzo, con giusto 1/4 di gas, aiutato di tanto in tanto dalla scia di qualche vettura che sposta la lancetta del mio conta chilometri oltre i 100, velocità che tengo per brevi tratti visto che il mio pensiero va ai sottili rulli del cuscinetto lato volano. Noto che mi sto muovendo proprio in direzione del fronte temporalesco, ma, un po’ per sfida e un po’ per spavalderia, procedo senza indugiare. Uscendo dalla statale noto due tizi intenti a spingere una vecchia e malconcia Focus, che non vuole proprio saperne di ripartire. Mi fermo ad aiutare e lo stesso fa un altro passante a bordo di un’Audi targata italiana. Nonostante i nostri sforzi però non riusciamo a guadagnarci il paradiso, e ci rimettiamo in marcia nelle nostre rispettive direzioni, lasciando i malcapitati al loro destino. Sono ormai sotto a un gigantesco nuvolone nero, ma vedo che le auto che sopraggiungono nel verso opposto sono totalmente asciutte, quindi, dopo una breve sosta rifornimento e rifocillamento, proseguo speranzoso di non bagnarmi neanche un po’. Speranze che vengano però infrante poco dopo. Mi piazzo sotto la tettoia di in un edificio che credevo abbandonato, dal quale però esce un tizio con un viso tutt’altro che dolce. Sfoggio il mio solito sorriso e spiego che devo solo vestirmi per la pioggia, ma un suo amico, che nel frattempo lo raggiunge, non sembra d’accordo, insistendo per consumare della birra al loro tavolo. Sono in 5, e nessuno ha un viso che ti piacerebbe ricordare. -Italiano? -Si -Voi italiani dite che noi abbiamo brutta faccia ma noi brave persone! Rido e gli do una pacca sulla spalla. -Ma no figurati! Qui in Albania mi sento proprio a casa! Quello più brutto parla solo albanese e blatera qualcosa. Ridono tutti, tranne l’anziana barista che resta muta in disparte. -Mio cugino dice che meglio ammazzare italiano che cane! Non so perché l’abbia detto, eppure la cronaca non è affatto piena di albanesi che ammazzano italiani, non che io sappia per lo meno. Credo invece che sia solo un modo per prendersi gioco di me e cercare di intimorirmi, forte della sua supremazia da cavernicolo con borsello a tracolla contraffatto. E ci riesce eccome, ma non mi destabilizza. Ho imparato a conoscere questa realtà, quella che va dall’immediato centro città, dove i turisti che portano soldi vanno protetti e coccolati, e finisce nelle campagne, genuine e buone, popolate di gente china sui campi, di gente sorridente, di gente che mi saluta, di gente che trasporta il raccolto con l’asino, o il cavallo nel migliore dei casi, il cui unico scopo è di procurarsi una pagnotta di pane. Un’interstizio fatto di grosse e nere auto di lusso, di scarichi aperti, di vetri oscurati, di vestiti firmati, di parcheggi violenti, di ville sgargianti, di inferriate alte, di bandiere albanesi sventolanti, di prepotenza, di rifiuti gettati dai finestrini, di più grosso, di più cattivo, di più, sempre di più. Mera e povera esibizione di strafottenza e potere d’acquisto. Visualizzo in mente il viso sorridente e amichevole di Albano che ripete “che stronzi”. Credo così che sia giunto per me il momento di alzare i tacchi, trangugio la mezza birra offertami di fretta e furia, ringrazio per finta, saluto per davvero, e una volta che imbocco la strada, li mando pure a fanculo sotto alla visiera bagnata del casco. La strada diventa un groviglio di tornanti, che sarebbero anche divertentissimi da guidare, se non fosse che li percorro tutti sotto un violento nubifragio, che mi inzuppa completamente visto la mia carenza di impermeabilizzazione, e mi costringe a procedere in seconda per tutto il tempo. L’asfalto è in tali pessime condizioni che una volta aggravate dalla pioggia diventano come di ghiaccio, tanto che in prima, se affondo il gas, la ruota pattina, nonostante tutto il peso che gli grava sopra. Poco prima di Tirana le nuvole si diradano e il sole cuocente mi asciuga, per fortuna, in breve tempo. Giungo all’appartamento che scopro essere enorme, pulito, e con tanto di terrazzo. Il mio essere ossessivo compulsivo viene soddisfatto dalle linee rette e perpendicolari del moderno arredamento, salvo poi accorgermi, di lì a poco, che non c’è nessun fiume a tenermi compagnia con il suo scorrere, nessun animale da accarezzare, nessun albero da osservare muoversi nel vento, nessun campeggiatore a cui chiedere “where are you from”, nessun barista a dirti “good morning”. Il balcone è separato da quello del vicino da un’alta staccionata di legno, visto mai, per sbaglio, ti si possa incrociare lo sguardo o un saluto. Mi sento imprigionato in quegli spigoli a 90 gradi così artefatti. Meglio magari fare un giro a Tirana city, se non fosse che la trappola qui, è rappresentata da un aggressivo traffico di maleducati guidatori a bordo di enormi auto di lusso, appunto, che in confronto mi fanno rimpiangere Valona e Ksamil. Mi rassegno e torno all’appartamento, con in braccio un’abbondante spesa, che sarà la mia cena dal sapore depresso e malinconico, e sta volta neanche radio freccia saprà tirarmi su il morale. Cerco di voltare pagina dormendoci su, in fin dei conti il letto è molto comodo e domani è un altro giorno, e non ci sono nuvole all’orizzonte! 3 Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Diegof12 Posted August 25 Author Share Posted August 25 Giorno 13 Mi sveglio in quello che per me è un freddo appartamento di una tranquilla zona residenziale, e compio la solita routine: abbondante colazione e preparazione valigie. Oggi sarà un giorno rilassato, sono già molto vicino alla meta che consiste nel porto di Durazzo, dove devo trovarmi circa alle 15.00. Ho tempo da vendere e decido di investirlo con una passeggiata al centro di Tirana. È una metropoli modernissima con strutture architettoniche all’avanguardia, maestosi grattacieli svettano con con le loro improbabili forme, a volte come coltelli, a volte come vele, a volte come cubi che sembrano messi l’uno sopra l’altro da un bambino frettoloso. Esercizi di stile. Di tutte le attrazioni presenti, quella che mi interessa di più è il Bunk-Art 1, un vecchio bunker antiatomico, risistemato a museo delle guerre passate. Mi interesso poco delle foto alle pareti e delle inspiegabilmente uniche scritte in albanese. Mi interesso di più della meccanica abitativa di un luogo senza finestre, con strettissimi corridoi, e buie stanze, e mi immagino senza riuscire, quando sono in zone prive di turisti, immerso nel silenzio, cosa si dovesse provare ad essere rinchiusi qui dentro, mentre fuori mille bombe stavano esplodendo. Punto poi il nasello nel verso opposto a Durazzo, nella relativamente vicina Kruje, dove l’internet promette la visita di un caratteristico bazar e di un antico castello, salvo poi realizzare che la tipicità dei prodotti è tutta made in china. La visita al castello viene invece fortemente disturbata da un’ingiustificabile DJ, che spara musica house dalle casse di una postazione, nella parte scoperta, all’interno delle mura. Mi rendo conto di essere caduto a pie’ pari in una trappola per turisti bella e buona. La visita viene allietata quando cerco un posto appartato dove espletare un bisogno vescicale. Ci sono un gruppo di caprette distese sonnecchianti sotto un albero, mi avvicino lentamente, mi accovaccio sedendo sui talloni, e una di loro mi viene incontro, facendosi coccolare per un po’. Dopo essermi psicologicamente ristabilizzato, mi imbatto lungo la statale in un ammasso di auto che bloccano il normale scorrere del traffico. In testa c’è un suv dal quale tetto spunta un videomaker, intento a registrare il lento andare di una vettura che costa quanto un palazzo, agghindata con strisce di velo bianco e rosso, e un enorme bouquet di fiori fissato al cofano. Dietro di loro uno sciame di Mercedes e Land Rover nere, disposte a caso, ma neanche tanto, per non farsi superare quasi da nessuno, con bandiere rosse aquilate sventolanti, e ragazzini che spuntano da tetti e finestrini con il telefono in mano, che filmano il tutto, urlando e agitando le braccia per incitare i presenti a far chiasso con i clacson. Onestamente credo che si possa fare festa anche senza rompere i coglioni altrui. Arrivo quindi a Durazzo, dopo essere sicuramente comparso in qualche ripresa della folkloristica avanzata, in sella alla mia vespa ormai sporchissima, e senza sorriso sulla faccia. La città è un semplice ma allo stesso tempo tranquillizzante ammasso di case e industrie, senza capo ne coda, con il solo scopo di essere un punto di approdo senza anima, e una risposta alla domanda “da dove vieni”. Niente di più e niente di meno. Al porto trovo una guardia estremamente gentile che mi prende i documenti e fa la strada a piedi al posto mio, per farli controllare a un’addetta che scopro essere bellissima quando ormai non serve più che mi fermi. “Che stronzo” direbbe Albano. La banchina dell’ingresso sul traghetto è il solito stress di un linguaggio che si parla solo qui ma che tutti comprendono, fatto solo di “ehi” urlati frettolosamente misti a braccia roteanti e dita indicanti: -ehi! (Mi chiamano) -ehi ehi! (Prego puoi oltrepassare la fila) -ehi! (Aspetta qui) -ehi ehi ehi! (Puoi entrare) A bordo, di nuovo, assisto a bottiglie di plastica lanciate in mare, di mozziconi di sigaretta pestati a terra e che il vento farà poi diventare banchi di pesciolini, di tappi di birre lanciati in aria per festeggiare non si sa cosa. Tipica arroganza di chi è nato dalla parte giusta del mondo, ma che è troppo miope per accorgersene. Una volta tanto, non vedo l’ora di tornare a casa. 7 1 Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Iago Posted August 25 Share Posted August 25 Le foto sono di una qualità disarmante, i miei complimenti. Un ottimo valore aggiunto alla piacevole narrazione. Sciapò. 3 Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Ponzio Pelato Posted August 25 Share Posted August 25 (edited) Bravo Diego, bisognerà che mi ricompri un PX e che ricominci a fare qualche giretto... tengo la moto per uso quotidiano e la vespa per le vacanze. 😂😂😂 P.s. perdonami se ti ho inquinato il post. Edited August 25 by Ponzio Pelato 1 1 1 Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Lonza92 Posted August 25 Share Posted August 25 Grazie diego che ci porti con te nei tuoi tour estivi! purtroppo ho scoperto poche settimane fa del tour in Corsica e aspettavo con ansia il bis qui nei balcani! Come sempre splendido narratore 🔝 3 Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Yommes Posted September 19 Share Posted September 19 Complimenti per come scrivi e racconti i tuoi tour! Avevo già letto quello della Corsica e il giro con la 50, e anche questo si conferma stupendo da leggere. Avrei un paio di curiosità: com’è configurato il motore, oltre allo Stelvio? E per giri del genere che ricambi ti porti dietro? 1 Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
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